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GIRAVOLTE DI UNA TORTILLA. RIFLESSIONI SULLA PRESA DI COSCIENZA FEMMINISTA

di MARIA TERESA MESSIDORO // CONFERENZA

Sabato 18 giugno 2022

H 15.00 – 15.45 –  PALESTRA

ABSTRACT

Due lunghe trecce bionde.
Occhi azzurri.
Curiosa e sempre pronta a chiedere il perché di tutto.
A nove anni, il fratello più grande le spalanca le porte dei rudimenti del calcolo algebrico.
Le parla anche di molecole e atomi, di pianeti e galassie.
Lei non ha dubbi.
Studierà fisica.
Gli adulti non la contraddicono, le passioni infantili vanno e vengono.
A 23 anni e 8 mesi si laurea in fisica.
Senza più le trecce.
Ma con la stessa curiosità.
Quella ragazza sono io.

Ho cercato, insegnando, di trasmettere più dubbi che certezze. Non solo formule. Prima di tutto un atteggiamento di ricerca. Convinta che una teoria è vera fino a quando non dimostri il contrario. Disposta ad osservare, costruire ipotesi, paradigmi e modelli per interpretare il mondo, l’universo, noi stessi.
E’ la stessa curiosità che mi spinge oggi ad ascoltare, leggere e condividere percorsi femministi, soprattutto di donne latino americane.
Per questo, mi ha immediatamente colpito il titolo di una recente ricerca di donne messicane, apparsa in rete, dal titolo “Volteando la tortilla, género y maíz en la alimentación actual de Mexico” (1)

Scaricata, letta di un fiato. Non mi sbagliavo.

Un alternarsi di sprazzi provocatori, dalla filosofia alla matematica, dalla tavola della cucina al mondo celtico.

Un groviglio di immagini da decodificare e ricostruire per sé stessi. E per mille altre donne.

Ecco la prima, da cui tutto si dipana: la trasformazione della massa di nixtamal (2) in tortillas ben calde, ricche di conoscenze pronte per essere divorate dalla curiosità del sapere.

La sfera, concetto matematico fondamentale.

La tortilla, afferma in un testo Yanes Rizo, “è una circonferenza perfetta che si stacca, come i pianeti, da una massa incerta, o dalla volontà di una donna… Prima era, nelle mani della stessa donna o quelle di qualche dio, una sfera, un pezzo di materia la cui forma circolare si indovina dopo, come succede a chi osserva il sole o la luna.” (4)

A partire da questo concetto, il secondo: il “voltear le tortillas” diventa il mezzo per contribuire alla formazione di una massa critica femminile, indispensabile per creare una nuova realtà dell’umanità. In che modo? Questo: le 16 esperienze concrete riportate nel libro rappresentano tre delle quattro girate previste nella cottura della tortilla: la massa del nixtamal appiattita per essere posta a cuocere sul comal (5) è la Rappresentatività dell’anima”; la prima giravolta sul comal stesso è il momento del “Ripensare e problematizzare l’esistenza”; la terza e ultima girata per poter terminare la cottura, prima di deporre la tortilla fumante nel chiquigüite (6), è il momento del “Distaccamento finale dal metate (7)”.

Ruotare e traslare.

La rappresentazione metaforica proposta ha un legame con i concetti scientifici di traslazione e rotazione. Osservare un nuovo lato della realtà, che sia teorico, empirico o narrativo, è come traslare la quantità giusta della massa del nixtamal al comal caldissimo, per incominciare la cottura. La rotazione è insita nelle due rotazioni necessarie per completare la realizzazione della tortilla. Nelle nostre vite, “voltear la tortilla” significa, attraverso relazioni inedite, che capovolgono e spostano gli elementi tradizionalmente statici, cercare di scoprire attributi insospettabili della realtà che ci circonda, per poterla modificare.

Il numero tre.

Procedendo nel percorso metaforico proposto, la quantità precisa della pallina di maiz che le donne plasmano nelle proprie mani per realizzare la tortilla, può essere vista come l’equilibrio perfetto tra corpo, mente e spirito. Guarda caso le donne che vivono nella Valle di Toluca lo chiamano trislate, una parola di cui non si conosce esattamente il significato, ma vede la ricorrenza del numero tre: è molto simile alla parola celtica triskel, raffigurata con tre spirali unite, che personificano proprio la unione del corpo, mente e spirito, elementi uniti e non separabili, simboli anche del passato, presente e futuro, il principio e la fine, la vita e la morte, l’eterna evoluzione, l’accrescimento e l’apprendimento.

In altri termini, l’autrice afferma che, a partire dalla relazione delle donne con la cultura del maiz, si possono riconoscere quattro tappe: la pre coscienza, la coscienza collettiva, la coscienza individuale e la coscienza trascendentale. In ognuna di esse risaltano gli attributi fondamentali della saggezza femminile, la cura e la compassione, concetti più volte ripresi nel lungo testo.
Non è così astratto come sembra: un esempio della necessità di una coscienza collettiva è quello del cambiamento climatico. Nominata e riconosciuta la problematica, se non si supera questa tappa, accettando come verità narrative il fatalismo, il conformismo e il pessimismo, si continuerà ad aspettare che il tempo risolva i problemi o che il mondo cessi definitivamente di esistere.

Nella terza tappa, quella della coscienza individuale, le donne indigene e contadine che continuano a girare le tortillas, si trasformano in referenti importanti per la ricerca in agricoltura di nuovi modi per far convivere la natura e la tecnologia, recuperare la sovranità alimentare e riscoprire e riscattare il ruolo centrale delle donne nella trasformazione della società.
Ecco allora la speranza di una “tortilla sostenibile”, che include tre tipi di sovranità: quella alimentare, fondata sui maiz nativi (attualmente si contano ben 300 varietà, ognuna vissuta in modo originale e autonomo da i molteplici popoli indigeni messicani); la energetica, appoggiata sull’uso decentralizzato, autonomo ed etico di energie rinnovabili, ed infine la sovranità propria delle donne rurali, basata sulla riappropriazione del loro tempo e della loro energia vitale.
A livello politico, l’esempio più calzante è quello della presentazione come candidata alla Presidenza del Messico di Mari Chuy: un progetto che, partito dallo scalino più basso della scala sociale, quelle delle donne indigene, ha proposto un mondo altro in cui proprio le donne indigene non siano più oggetto della misericordia benevola statale ma finalmente soggetti di diritto.
Una coscienza femminile come insieme di frattali

Quando si parla di massa critica femminile, secondo le autrici, ci si può affidare al concetto del frattale che Vigil definisce così: “il frattale è una figura geometrica tridimensionale, in cui il tutto è già esplicato in ciascuna delle sue parti, dalla più piccola a quella infinitamente grande. Con il replicarsi del frattale minore si creano delle serie che generano frattali più grandi che riproducono gli stessi elementi, e così fino a giungere alla figura del tutto.” (8) Analogamente, la somma di molte esperienze genera un processo di vita, che costituisce in se stesso un frattale di grandi dimensioni. Questa formazione di frattali di coscienza via via sempre più grandi, coinvolgendo sempre più persone, riesce a rendere potente l’apparizione di nuove relazioni sociali, per dare vita ad una umanità senza mascolinità, cioè non mercantilista, né tecnocentrica, tantomeno gerarchizzata od oppressiva: una umanità dunque caratterizzata dalla “feminidad” e dalla affettività.

Non sono indigena, né contadina, né messicana.
Ma sono una donna.
E amo le tortillas.
Quando sogno di essere in El Salvador, sento il profumo delle tortillas.
In quel momento, ne sono sicura,
partecipo alle conoscenze, i saperi, i simbolismi che rafforzano le relazioni di genere
con i semi, le piante, il maiz, il suolo.
Sono spinta dai quattro venti che sostengono la cultura del maiz.
Allora sì, sono pronta a voltear la tortilla, verso un nuovo orizzonte dell’essere.

(1) http://www.biodiversidadla.org/Documentos/Volteando-la-tortilla-Genero-y-maiz-en-la-alimentacion-actual-de-Mexico.
(2) La nixtamalizzazione è il processo di cottura del maiz in acqua e calce; il composto deve bollire circa un’ora, dopo di che si lava e si macina, artigianalmente o meno. Con questo procedimento si producono delle reazioni chimiche che permettono una migliore assimilazione delle tortillas, aumentando la quantità di calcio e potassio, generando cambiamento positivi nella proteina principale del maiz e elevando la qualità di alcuni aminoacidi essenziali presenti come la niacina
(3) Mantengo alcune parole, come tortilla, maiz e nixtamal, in spagnolo, per un maggior avvicinamento, anche evocativo, al testo originale.
(4) https://mundonuestro.e-consulta.com/index.php/cronica/item/la-tortilla-es-un-lienzo
(5) il comal è la piastra tipica, utilizzata in Messico e America Centrale, per cuocere le tortillas. La parola è di origine nahuatl.
(6) Il chiquigüite è il cestino di giunco o altre fibre naturali, spesso realizzato a mano, utilizzato dalle donne indigene messicane per conservare clade le tortillas appena cotte, avvolte in un tovagliolo, spesso ricamato a mano. Anche questa parola è di origine nahuatl.
(7) Il metate è la piastra tradizionale di pietra, normalmente con quattro piedi, fondamentale per stendere la farina di maiz. E’ sempre accompagnato dal metlapilli (letteralmente la mano del metate, o il figlio del metate), la pietra cilindrica che utilizza la donna per macinare il maiz. Entrambe le parole sono di origine nahuatl.
(8) Vigil Ávila, Gabriel (2009), Las claves de la evoluci≤n de la conciencia,
México, Pensamientos Contemporáneos.

6° Symposium di Educazione Biocentrica - Relatori e Relatrici - Maria Teresa Messidoro

MARIA TERESA MESSIDORO

Vicepresidentessa Associazione Lisangà culture in movimento Odv, in costante ricerca con i movimenti femministi latinoamericani.